Nell’Orto Botanico di Brera sono presenti numerosi alberi che lo caratterizzano e gli donano un fascino particolare in tutte le stagioni. Essi dominano nettamente nell’Arboreto, ma trovano spazio anche nei due settori formali, addirittura all’interno delle aiuole, testimoni della storia del luogo.
Molti sono di origine esotica, collezionati nel tempo per il loro interesse scientifico ed ornamentale, alcuni hanno molti anni e dimensioni importanti. Tra questi ci sono i due secolari Ginkgo biloba, un maschio e una femmina, gli alberi più vecchi dell’Orto Botanico: sono sicuramente la testimonianza più antica e riconducono al periodo della sua fondazione; il tiglio argentato (Tilia tomentosa) che per la sua imponenza cattura la vista non appena si varca il cancello d’entrata; un maestoso noce del Caucaso (Pterocarya fraxinifolia) caratterizzato da un massiccio tronco percorso da profonde pieghe e uno sviluppo orizzontale dei rami che disegnano una densa cupola verde. Nell’angolo più estremo dell’Arboreto da ombra alla sottostante panchina in pietra un grande tasso (Taxus baccata), un esemplare femminile che presenta i tipici semi rivestiti da un involucro carnoso rosso. Di questa specie l’Orto ha altri individui, ma questo è il più significativo potendo mostrare un ampio sviluppo delle sue fronde.
Fa parte del patrimonio arboreo dell’Orto anche una pianta a prima vista molto simile nell’aspetto al tasso: è un esemplare maschile di Torreya taxifolia, specie fortemente a rischio di estinzione nel suo habitat di origine, in Florida.
Tra le conifere presenti, oltre il tasso e la torreya, sono collezionati Cryptomeria japonica, Cupressus torulosa (cipresso himalayano) e un larice giapponese (Larix kaempferi), sicuramente una rarità per il clima e l’altitudine della nostra città e l’unico del gruppo a perdere le foglie in autunno, come è tipico di tutti i larici.
Di alcuni alberi non più viventi sono state lasciate le ceppaie a testimonianza della vita passata. Da una di esse si è sviluppato un pollone che ha rigenerato la pianta madre, una maclura (Maclura pomifera). Altre porzioni di tronco sono utili per osservare gli anelli di crescita e il fenomeno della decomposizione.
Nella zona centrale dell’Orto, in un’aiuola, cresce una Firmiana simplex. Le foglie dalle ampie dimensioni la rendono facilmente portatrice di ombra, il che spiega il nome comune di “parasole cinese”. Incuriosisce anche la corteccia verde e striata e le cicatrici fogliari, simili a occhi, disposte a elica lungo tutto il tronco.
Di pochi anni di vita è anche un leccio (Quercus ilex), l’albero mediterraneo per eccellenza che è parte di una piccola collezione di querce: da Quercus castaneifolia di circa 80 anni di età alla quercia vallonea (Quercus ithaburensis subsp. macrolepis) ancora giovanissima.
Altri alberi vivono nell’Orto Botanico, ognuno dei quali con una storia particolare da raccontare. Negli ultimi 30 anni molti si sono succeduti, dei nuovi sono stati piantati e altri che erano giovani individui sono diventati imponenti.
Corteccia di
Firmiana simplex
con una cicatrice fogliare
La cura delle alberature avviene attraverso un periodico monitoraggio del loro stato di salute, con indagini non invasive per valutarne le condizioni fisiologica e fitopatologica e la stabilità, secondo tecniche di moderna arboricoltura che l’Orto Botanico di Brera ha iniziato ad applicare fin dagli anni ’90.
In particolare, viene adottato il VTA (Visual Tree Assessment), metodologia con cui l’albero viene analizzato visivamente nella sua interezza per identificare eventuali sintomi esterni che possono essere il segnale di difetti meccanici o fisici all’interno dell’albero. In presenza di sintomatologie esterne si procede con un’indagine più approfondita di tipo strumentale.
Gli alberi vengono anche indagati e manutenuti con il tree-climbing, tecnica che garantisce il rispetto della fisiologia delle piante, eseguita da arboricoltori specializzati con metodi e materiali analoghi a quelli dell’alpinismo, che consentono di avvicinarsi in sicurezza anche alle parti apicali delle alberature, che in Orto possono raggiungere 40-50 m di altezza. Una tecnica che ben si presta alla delicatezza di un luogo storico come l’Orto di Brera, in cui non è possibile accedere con macchinari o gru.